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Le dating app e la trasformazione delle relazioni

L’avvento delle app di incontri ha segnato una rivoluzione nel modo in cui le persone si conoscono e costruiscono relazioni romantiche. Strumenti come Tinder, Bumble, e Hinge hanno reso più facile che mai entrare in contatto con potenziali partner, abbattendo barriere geografiche e sociali. Tuttavia, questo cambiamento comporta anche implicazioni significative dal punto di vista psicologico e psicoterapeutico. In questo articolo, esploreremo come le dating app hanno modificato le dinamiche delle relazioni e quali effetti hanno avuto sulla salute mentale e sul benessere emotivo degli utenti.

Perché le persone usano il dating online?

L’uso delle app di incontri è guidato da una serie di motivazioni diverse, che riflettono tanto i bisogni individuali quanto i cambiamenti culturali e tecnologici della nostra epoca. In un momento storico in cui le opportunità di incontro al di fuori di contesti come la palestra o i corsi di ballo sono limitate, le app di dating offrono un’alternativa accessibile per incontrare nuove persone. Attraverso una serie di interviste approfondite, è emerso che un motivo chiave per cui le persone ricorrono al dating online è l’opportunità di acquisire rapidamente esperienza nel campo degli appuntamenti (Sharabi, 2023). Alcuni utenti hanno descritto le app come “rotelle di addestramento”, un modo per avvicinarsi gradualmente al mondo degli appuntamenti, imparare cosa desiderano in un partner e migliorare le proprie abilità sociali.

Questa ricerca di esperienza veloce e variegata è spesso vista come una fase di apprendimento, un mezzo per esplorare e definire meglio i propri desideri e le proprie aspettative. Tuttavia, questo approccio non è privo di rischi. Alcuni intervistati hanno riferito di aver fatto eccessivo affidamento sulle strategie online, trascurando così opportunità reali e significative nel mondo offline. Questo squilibrio può portare a una forma di dipendenza digitale, dove l’interazione virtuale sostituisce quella faccia a faccia, limitando la capacità di sviluppare connessioni autentiche e durature.

Un altro aspetto rilevante è il cambiamento degli obiettivi nel tempo. Gli utenti delle app di incontri spesso attraversano fasi in cui i loro scopi evolvono: iniziano cercando relazioni a breve termine o avventure occasionali e, col tempo, possono orientarsi verso relazioni più stabili e durature. Questo ciclo di “scaricare e cancellare” le app, per poi reinstallarle, riflette non solo un processo di tentativi ed errori, ma anche una ricerca continua di equilibrio tra le aspettative personali e le dinamiche offerte dalle piattaforme digitali.

L’Impatto psicologico delle dating app

1. La gamificazione delle relazioni

Le app di incontri spesso utilizzano meccaniche di gioco per rendere l’esperienza più coinvolgente. Il “swipe” a destra o a sinistra su Tinder, ad esempio, crea una sensazione di gratificazione immediata simile a quella dei giochi d’azzardo. Questo può portare a un approccio superficiale e consumistico alle relazioni, dove le persone vengono viste come prodotti da scorrere anziché come individui con emozioni e complessità.

2. L’ansia da prestazione e la concorrenza

Le dating app amplificano la sensazione di competizione. Gli utenti si sentono spesso sotto pressione per apparire perfetti nelle loro foto e nei loro profili, il che può aumentare l’ansia e la bassa autostima. La costante esposizione a immagini di altri utenti apparentemente perfetti può portare a paragoni sociali negativi e sentimenti di inadeguatezza.

3. La dipendenza dalle conferme esterne

La ricerca continua di “match” e messaggi può diventare una forma di dipendenza. Ogni nuova notifica agisce come una piccola scarica di dopamina, rinforzando il comportamento di controllo compulsivo del telefono. Questo ciclo può interferire con la capacità di formare relazioni autentiche e soddisfacenti nel mondo reale.

Effetti psicoterapeutici: sfide e opportunità

1. La superficialità delle connessioni

In terapia, emerge spesso il tema della superficialità delle connessioni create tramite le dating app. La facilità di incontrare nuove persone può portare a relazioni fugaci e poco profonde, impedendo lo sviluppo di legami emotivi profondi e duraturi. Questo fenomeno può contribuire a sentimenti di solitudine e insoddisfazione.

2. L’Aumento della consapevolezza e dell’autovalutazione

D’altro canto, le dating app possono anche promuovere una maggiore consapevolezza di sé. Gli utenti sono costretti a riflettere su ciò che desiderano in una relazione e su come presentarsi al meglio. Questo processo di autovalutazione può essere terapeutico, aiutando le persone a comprendere meglio i propri bisogni e desideri emotivi.

3. Dating app burnout

Il dating online può essere un’esperienza travolgente, dove la costante attività di swiping e messaggistica può trasformarsi in un compito stressante e cronofago. Molte persone si trovano a navigare tra aspettative deluse, poche corrispondenze significative e conversazioni che spesso si interrompono prima di trasformarsi in incontri reali, alimentando un senso di frustrazione crescente. Questo ciclo continuo di speranze e delusioni può alla lunga portare a un burnout emotivo.

Il concetto di burnout, studiato a fondo da ricercatori come Christina Maslach dell’Università della California, Berkeley, si manifesta attraverso sintomi quali esaurimento emotivo, sensazioni di inefficacia e una crescente distanza emotiva verso le interazioni online. Questo fenomeno non è solo una questione di stanchezza fisica o mentale, ma riflette anche la disillusione e la perdita di motivazione nel continuare a utilizzare le app di incontri.

Per affrontare il burnout da dating app, è fondamentale cercare supporto sociale. Condividere le esperienze e i sentimenti con amici e persone di fiducia può fungere da sostegno emotivo, aiutando a mantenere una prospettiva positiva e realistica sulla ricerca di un partner. Inoltre, praticare uno swiping consapevole può aiutare a ridurre lo stress e l’esaurimento. Limitare il tempo dedicato alle app, essere presenti durante le sessioni di swiping e fermarsi prima di sentirsi stanchi possono contribuire a preservare l’energia e la motivazione necessarie per mantenere una ricerca di relazioni online equilibrata e gratificante.

4. Sfide per chi ha difficoltà nei rapporti

Chi avrebbe più bisogno delle app di incontri, come coloro che hanno difficoltà nel primo approccio o soffrono di eccessiva timidezza, può trovare particolarmente arduo gestire i rifiuti e le mancate risposte. Queste esperienze possono rafforzare il senso di non essere attraenti o interessanti, alimentando sentimenti di imbarazzo e disagio personale. Per queste persone, le dating app possono rivelarsi un’arma a doppio taglio, offrendo opportunità di incontro ma anche potenziali conferme di insicurezze preesistenti. In questi casi, potrebbe essere utile accompagnare l’uso delle app con un percorso di terapia che affronti le difficoltà relazionali di base, permettendo agli incontri di essere vissuti come reali occasioni di nuove relazioni.

Il nuovo vocabolario delle relazioni moderne

Le dating app hanno non solo modificato le modalità di interazione, ma hanno anche introdotto una serie di neologismi che riflettono le nuove dinamiche relazionali. Questi termini non sono solo parole, ma rappresentano cambiamenti culturali e psicologici significativi:

  • Situationship: un rapporto ambiguo e non definito, senza chiarezza su ruoli e obiettivi.
  • Cushioning: mantenere relazioni di riserva da usare in caso di rottura della relazione principale.
  • Ghosting: Interrompere bruscamente ogni forma di contatto senza spiegazioni.
  • Zombieing o submarining: il ritorno improvviso di un partner che aveva interrotto i contatti senza spiegazioni.
  • Date of view: un appuntamento simile a un colloquio di lavoro, con domande analitiche per conoscere un potenziale partner.
  • Breadcrumbing: inviare segnali vaghi e occasionali per mantenere vivo l’interesse senza un impegno significativo.
  • Stashing: nascondere la propria relazione romantica a familiari, amici e colleghi.
  • Benching: tenere qualcuno in riserva senza un impegno pieno, continuando a vedere altre persone.
  • Orbiting: mantenere contatti online con un ex senza un coinvolgimento reale.
  • Slow Fade: terminare una relazione gradualmente diminuendo la frequenza dei contatti.

Questi termini descrivono un approccio più scettico e strategico al corteggiamento, focalizzato sull’evitamento delle incognite più che sull’idealizzazione dell’amore. Rappresentano un cambiamento culturale che enfatizza l’individualismo, la gestione del rischio e il controllo nelle relazioni.

Come le app di dating hanno cambiato le relazioni

Quello che emerge dall’analisi di questi neologismi è un’ambiguità di fondo e la paura di sacrificare la propria autonomia e flessibilità in favore di un impegno “ufficiale”. Questa indeterminatezza è sia ricercata che rifiutata: l’ambiguità relazionale nasce dal bisogno di proteggersi ma espone anche a scarsa comunicazione, mancanza di intimità emotiva e eccesso di opportunità. Il risultato è un insieme di sentimenti negativi, ansia, e calo dell’autostima.

Queste tattiche sostituiscono l’esplorazione e danno un senso di controllo, creando però anche distanza e false sicurezze, svelando in realtà la paura dell’inaspettato e di sentirsi vulnerabili. Evitare la vulnerabilità mentre si cerca intimità può portare a un limbo emotivo, all’assenza di fiducia reciproca, alla mancanza di vera connessione con l’altro.

La vera intimità si trova nell’apertura, nella spontaneità e non nel controllo o nell’evitamento dell’incertezza. Le connessioni più profonde emergono dall’imprevisto, dall’inaspettato. L’incertezza in questo ambito non è una minaccia ma un invito: l’amore non è un enigma da risolvere, un puzzle da comporre, ma qualcosa da scoprire e coltivare.

Conclusione

Le dating app hanno senza dubbio trasformato il panorama delle relazioni romantiche, portando con sé sia vantaggi che sfide. Dal punto di vista psicologico, è essenziale riconoscere i potenziali effetti negativi di queste piattaforme e adottare strategie per mitigare tali impatti. Allo stesso tempo, le app di incontri offrono opportunità uniche per la crescita personale e la comprensione di sé. Con un approccio consapevole e supportato dalla psicoterapia, è possibile navigare il mondo delle dating app in modo da favorire relazioni più sane e appaganti.

Bibliografia

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Sharabi, L. L. (2023). The enduring effect of Internet Dating: Meeting online and the Road to marriage. Communication Research, 009365022211274. https://doi.org/10.1177/00936502221127498

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La reciprocità nei rapporti interpersonali: un equilibrio delicato

La reciprocità è uno dei pilastri fondamentali delle relazioni umane, una dinamica essenziale che permette ai rapporti di svilupparsi in modo sano e armonioso. Nelle interazioni quotidiane, la reciprocità rappresenta l’equilibrio tra il dare e il ricevere, un bilancio che, se mantenuto, può rafforzare legami e promuovere una connessione autentica tra le persone. Tuttavia, quando questo equilibrio viene alterato, il rapporto può entrare in una spirale disfunzionale. La mancanza di reciprocità porta a sentimenti di sfruttamento e risentimento, mentre l’eccesso di generosità da parte di uno può creare dipendenza e aspettative irrealistiche nell’altro.

Immaginiamo una situazione comune: iniziamo a fare qualcosa di gentile per qualcuno. La prima volta, il nostro gesto viene accolto con gratitudine, un sentimento che rinsalda il legame e crea una base di fiducia e apprezzamento. Tuttavia, con il ripetersi del gesto, l’atteggiamento dell’altra persona cambia. Da un semplice apprezzamento, si passa a una fase in cui l’azione viene anticipata, poi aspettata come se fosse dovuta, fino a diventare percepita come un diritto acquisito. Questo processo può portare la persona a credere di meritare ciò che riceve, senza più riconoscere l’atto di generosità iniziale. Infine, se questa dinamica continua senza un bilancio adeguato, si instaura una dipendenza emotiva, dove la persona che riceve sente di non poter più fare a meno di ciò che gli viene dato. In alcuni casi, questa dipendenza può evolversi in una pretesa quasi prepotente verso l’altro, con meccanismi che possono arrivare ad agire sul senso di colpa, facendo sentire l’altro sbagliato se non continua a dare come ha sempre fatto.po

Quando ci si rende conto che la relazione è diventata unidirezionale, senza più reciprocità, emergono sentimenti di frustrazione e risentimento. Chi dà continuamente senza ricevere nulla in cambio può sentirsi sfruttato e usato, portando a una rottura emotiva e, spesso, alla fine del rapporto. Questo ciclo disfunzionale non solo danneggia la relazione stessa, ma può anche avere un impatto negativo sul benessere emotivo di entrambe le parti coinvolte. La mancanza di reciprocità mina la fiducia e la connessione autentica, elementi fondamentali per una relazione sana e gratificante. Tuttavia, questa rottura emotiva può rappresentare una svolta positiva. Se un rapporto non rientra nel gioco virtuoso dello scambio e della reciprocità, è bene che si chiuda, nel caso in cui non riesca a ristrutturarsi e riequilibrarsi. Il vero problema si verifica quando la relazione non si chiude e si innesca una dinamica disfunzionale, dove il rapporto rimane anche se basato su frustrazione e delusione.

La quotidianità e i suoi problemi possono facilmente minare questo equilibrio. A tutti capita di attraversare periodi in cui si litiga più spesso su questioni banali della vita quotidiana: chi porta giù il cane? Chi compra il latte? Non hai fatto questo… non hai fatto quello! Queste piccole frustrazioni possono sembrare insignificanti, ma in realtà rappresentano un microcosmo di dinamiche più profonde che influenzano la relazione.

Nei conflitti riguardanti le banalità c’è tutto il nostro mondo e tutto il mondo della coppia. Le emozioni che innescano i piccoli conflitti quotidiani sono le stesse che accompagnano i dibattiti sulle grandi decisioni o che si attivano stimolate dai comportamenti del partner. Nei momenti di forte attivazione emotiva, ognuno dei due partner ha difficoltà a riconoscere come legittimi i bisogni e i sentimenti dell’altro: il senso di appartenenza e di reciprocità si indeboliscono. Quando ciò accade, può diventare necessario fare ricorso all’intervento di uno specialista per ritrovare la sintonia perduta e prendere consapevolezza delle dinamiche che allontanano.

Durante i conflitti, se non vengono focalizzate ed elaborate, le emozioni possono aumentare la sensibilità personale a certi fatti, al punto che ogni evento futuro della coppia sarà valutato alla luce di quella sensibilità. Non importa se si parlerà di questioni importanti o di come si usa il tubetto del dentifricio: l’aspetto principale diventerà la ridefinizione o la messa alla prova della relazione, piuttosto che il contenuto della discussione stessa. Ad esempio, se uno dei partner ha fatto qualcosa che ha stimolato sentimenti di trascuratezza, lo stesso sentimento emergerà in questioni banali, come dimenticarsi di comprare il latte o di fare qualcosa che gli è stato chiesto. Uno sguardo, una distrazione, una parola possono attivare sentimenti di trascuratezza, responsabilità, inadeguatezza, insicurezza o rifiuto.

Queste dinamiche di attribuzione delle emozioni possono essere all’origine di profonde cadute dell’umore o di irritazione e rabbia. Se le emozioni vengono attribuite totalmente a sé stessi, si può sperimentare una sensazione di inadeguatezza e di non essere all’altezza. Se invece vengono attribuite totalmente all’altro, possono emergere sentimenti di rabbia e risentimento verso il partner, visto come inadeguato, egoista o disinteressato. Tuttavia, le reazioni emotive sono il risultato del proprio modo di essere e di reagire alla vita, stimolate dal partner ma non dipendenti completamente da lui.

Nonostante queste sfide, è possibile superare i piccoli e grandi turbamenti della vita di coppia. Scoprire le risorse interne della relazione e trovare un equilibrio nell’attribuzione delle reciproche responsabilità sono elementi importanti per mantenere una buona reciprocità. Questi sono indicatori predittivi della stabilità del legame e della capacità della coppia di navigare insieme attraverso le difficoltà.

La gestione del conflitto nella coppia e la crescita nel rapporto in termini di reciprocità si imparano proprio dalle piccole cose, come il tubetto del dentifricio. È qui che si manifesta il concetto di frattali: le piccole cose ripetute costruiscono quelle grandi. Le piccole attenzioni quotidiane, il riconoscimento e la gestione dei conflitti minori, se ripetute e curate, costruiscono una base solida e resiliente per affrontare le sfide più grandi. In questo modo, ogni gesto e ogni parola contribuiscono a rafforzare l’intero rapporto, rendendolo più forte e armonioso.

Bibliografia

“The Five Love Languages: How to Express Heartfelt Commitment to Your Mate” di Gary Chapman

“Nonviolent Communication: A Language of Life” di Marshall B. Rosenberg

“Hold Me Tight: Seven Conversations for a Lifetime of Love” di Dr. Sue Johnson

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Hikikomori: il ritiro sociale nell’adolescenza contemporanea

Nel panorama complesso dell’adolescenza contemporanea, un fenomeno emergente suscita particolare preoccupazione: l’hikikomori. Questa parola giapponese, derivata da “hiku” (ritirarsi) e “komoru” (nascondersi), descrive un comportamento estremo di isolamento sociale, tipicamente osservato tra giovani che si ritirano completamente dalla vita sociale e familiare, preferendo confinarsi in casa per lunghi periodi di tempo, talvolta anni.

L’adolescenza, da sempre considerata un periodo di crescita e maturazione, sembra invece oggi spesso contraddistinta da un ritiro verso un’interiorità che, anziché promuovere lo sviluppo individuale, rischia di condurre a un’auto-reclusione dannosa. Questo comportamento può essere influenzato da dinamiche familiari e sociali che non favoriscono una crescita autonoma e una sana separazione dai genitori. Questo fenomeno, sebbene originario del Giappone, sta assumendo contorni globali, influenzato dalle dinamiche culturali e sociali proprie di ogni contesto. È un riflesso delle tensioni interpersonali e delle pressioni educative che definiscono l’esperienza adolescenziale moderna, spesso amplificate dalle nuove tecnologie e dai social media, che possono fungere da doppio filo, facilitando la connessione e l’isolamento simultaneamente.

In Italia, l’Associazione Nazionale Hikikomori Italia stima che nella sola popolazione studentesca ci siano tra i 50.000 e i 100.000 hikikomori in fase 1. Questo suggerisce che tutte le stime quantitative sugli hikikomori in Italia fatte sinora dovrebbero essere riviste a rialzo. Fino a questo momento si è parlato di 100.000 casi nella penisola, considerando tutte le fasce d’età e i gradi di isolamento. Tuttavia, se davvero ce ne sono così tanti solo tra gli studenti, allora l’ipotesi più realistica è che in Italia gli hikikomori siano già oggi tra i 100.000 e i 200.000.

Le cause dietro l’hikikomori

Le cause dell’hikikomori sono complesse e multifattoriali. Oltre alle dinamiche familiari, possono contribuire fattori come elevati livelli di stress scolastico, difficoltà nelle relazioni interpersonali e la paura del giudizio sociale. L’adolescenza è un periodo cruciale in cui il processo di maturazione avviene attraverso l’apertura al sociale e lo spostamento del focus di riferimento dalla famiglia all’esterno. Tuttavia, i giovani che sviluppano il fenomeno dell’hikikomori possono percepire la casa come l’unico rifugio sicuro. Questa percezione li porta a isolarsi progressivamente dal mondo esterno per evitare situazioni che percepiscono come minacciose o stressanti.

È importante sottolineare che l’isolamento non riguarda solo il contesto sociale esterno, ma anche le relazioni familiari. Sebbene la casa diventi il luogo di rifugio, spesso vi è un isolamento anche dalle interazioni con i familiari. Gli hikikomori possono passare la maggior parte del tempo chiusi nelle loro stanze, limitando al minimo i contatti con i genitori e i fratelli. Questo isolamento estremo li porta a vivere in una sorta di bolla, in cui le uniche interazioni avvengono attraverso mezzi tecnologici come internet e i videogiochi. La famiglia, pur essendo fisicamente vicina, diventa un elemento marginale nella loro vita quotidiana.

Il ruolo della casa come rifugio è quindi ambivalente: da un lato offre un senso di sicurezza e protezione, dall’altro accentua l’isolamento e la disconnessione dal mondo esterno. Questo processo può essere ulteriormente aggravato dalla mancanza di interventi tempestivi e dalla difficoltà nel riconoscere i segnali di allarme. La percezione della casa come unico luogo sicuro rende difficile per gli hikikomori rompere il ciclo dell’isolamento e reintegrarsi nella società, poiché qualsiasi tentativo di uscire dalla loro zona di comfort può essere vissuto come estremamente stressante e minaccioso.

L’hikikomori non è solo un problema individuale, ma anche un fenomeno sociale che richiede un’analisi approfondita delle dinamiche culturali e sociali contemporanee. Le aspettative elevate e la competizione accademica possono contribuire a creare un ambiente stressante per i giovani, spingendoli verso comportamenti di isolamento come meccanismo di coping. Questa pressione per eccellere può portare gli adolescenti a sviluppare un senso di inadeguatezza e ansia, rendendo l’isolamento una scelta apparentemente necessaria per evitare il fallimento e il giudizio negativo.

Il ruolo dei genitori

Il ruolo dei genitori emerge come cruciale nell’analisi dell’hikikomori e dei suoi correlati fenomeni adolescenziali. Secondo diversi studi e analisi, i genitori giocano un ruolo significativo nel modellare le dinamiche familiari e l’ambiente educativo che possono influenzare il benessere emotivo e sociale dei loro figli. Alcuni genitori possono involontariamente promuovere una dipendenza emotiva nei propri figli, negando o minimizzando la necessità di confronti e conflitti sani durante la crescita. Questo comportamento può derivare dalla paura del “nido vuoto”, cioè la perdita del ruolo di caregiver dominante una volta che i figli crescono e diventano più indipendenti. Tale atteggiamento può contribuire a mantenere un ambiente familiare in cui i giovani non sviluppano pienamente le capacità di affrontare sfide e gestire autonomamente le loro emozioni e responsabilità.

Inoltre, le decisioni educative e relazionali dei genitori possono influenzare significativamente il percorso di sviluppo dei loro figli. Ad esempio, la scelta di pratiche educative iperprotettive come l’homeschooling o l’accompagnamento estremamente prolungato in ambienti come gli spogliatoi delle palestre, anche quando i figli hanno già acquisito la capacità di gestire tali situazioni autonomamente, può limitare le opportunità di crescita sociale e di autonomia. I genitori possono, dunque, contribuire a bloccare l’apertura dei figli verso l’esterno, sostenendo la dipendenza nei loro confronti. Questo avviene poiché vedono come positiva l’allungamento del rapporto di esclusività con i figli, quasi pensando che sia un segno di conferma della bontà della loro relazione.

Questa dinamica può essere riassunta nel concetto di “plus materno”, un eccesso di attenzione e cura da parte delle madri (o figure genitoriali in maniera più ampia) che può influenzare profondamente lo sviluppo emotivo e sociale dei loro figli. Un altro aspetto rilevante è l’associazione tra il plus materno e l’uso crescente delle reborn dolls, simulacri di neonati che riflettono un desiderio di maternità idealizzata e perfetta. Questi oggetti possono rappresentare un’estensione della cura e dell’amore materno ideale, ma allo stesso tempo possono perpetuare un modello di dipendenza emotiva e immobilità nei figli, simile alla relazione con una bambola che non cresce né si sviluppa.

Questa situazione può innescare un ciclo vizioso: la paura di aprirsi rallenta il momento dell’apertura al mondo esterno e, nel tempo, questa paura cresce sempre di più. La terapia psicologica rappresenta un’opzione, talvolta l’unica, per interrompere questo ciclo. Tuttavia, anche l’accesso alla terapia può incontrare notevoli resistenze, sia da parte dei genitori che dei figli. L’accettazione del bisogno di aiuto esterno può essere vista come un’ammissione di fallimento o come una minaccia all’equilibrio familiare esistente.

Nuove tecnologie immersive: un approccio terapeutico avanzato

L’adozione delle nuove tecnologie immersive, come la realtà virtuale (VR), sta emergendo come un approccio terapeutico innovativo per affrontare fenomeni complessi come l’hikikomori. Gli adolescenti che si isolano dal mondo possono beneficiare di ambienti virtuali controllati e sicuri, che offrono loro la possibilità di riavvicinarsi gradualmente alla realtà esterna, riducendo l’ansia e facilitando il recupero delle competenze sociali.

Il contesto mediato delle nuove tecnologie consente di creare una sorta di mediazione tra le paure del ragazzo e la realtà. Psicologicamente, si viene a costruire un ambiente di transizione che permette di sviluppare strategie per un adattamento più efficace alla realtà. La VR permette di simulare situazioni sociali realistiche in un contesto protetto, consentendo agli individui di esercitarsi a gestire interazioni sociali prima di affrontarle nel mondo reale. Questo approccio graduale è cruciale per gli hikikomori, poiché una transizione improvvisa al contatto sociale diretto può risultare troppo stressante. La VR consente di personalizzare le esperienze in base alle esigenze specifiche di ciascun individuo, rendendo possibile un trattamento su misura che tiene conto delle loro particolari paure e ansie.

Un ulteriore vantaggio significativo delle tecnologie immersive è la possibilità di monitorare e adattare in tempo reale l’esperienza dell’utente. I terapeuti possono osservare le reazioni degli adolescenti durante le sessioni di realtà virtuale e modificare gli scenari per renderli più o meno impegnativi a seconda delle necessità. Questo feedback immediato è essenziale per personalizzare il trattamento e garantire che ogni sessione sia il più efficace possibile.

L’approccio terapeutico con tecnologie immersive non mira solo a trattare i sintomi dell’isolamento, ma anche a promuovere un processo di crescita personale e di resilienza emotiva. Gli spazi virtuali, che sostituiscono o affiancano quelli fisici, possono fungere da centri terapeutici comunitari, offrendo luoghi frequentabili in qualsiasi momento e attività di gruppo che stimolano maggiormente l’interesse dei ragazzi autoreclusi. Inoltre, la possibilità di utilizzare avatar può mitigare l’ansia sociale e il sentimento di inadeguatezza, permettendo agli hikikomori di rappresentare se stessi in modo più confortevole.

Infine, la VR può anche supportare il trattamento delle fobie attraverso un’esposizione graduale agli stimoli disagianti. Questo metodo, noto come esposizione in realtà virtuale (VRET), combina gli aspetti positivi dell’esposizione in immaginazione e in vivo, fornendo un ambiente controllato e sicuro in cui gli individui possono affrontare le loro paure. La VRET ha dimostrato di essere più sicura e accettabile rispetto ai metodi tradizionali, con un tasso di abbandono significativamente inferiore.

Approcci terapeutici tradizionali e innovativi

Oltre alle tecnologie immersive, è fondamentale considerare anche approcci terapeutici tradizionali il supporto familiare. Questi metodi sono essenziali per identificare e affrontare le radici psicologiche dell’isolamento, fornendo agli adolescenti gli strumenti necessari per gestire l’ansia e migliorare le capacità relazionali.

La psicoterapia aiuta gli adolescenti a riconoscere e modificare i modelli di pensiero negativi e le credenze disfunzionali che alimentano il loro isolamento. Attraverso tecniche come la ristrutturazione cognitiva, gli individui imparano a sfidare le loro paure e a sviluppare strategie più efficaci per affrontare le situazioni sociali. Gli esercizi di esposizione graduale, in cui gli adolescenti sono incoraggiati a confrontarsi lentamente con le loro paure, sono particolarmente utili in questo contesto.

Il supporto familiare gioca un ruolo cruciale nel processo terapeutico. Coinvolgere i genitori e altri membri della famiglia aiuta a creare un ambiente domestico più comprensivo e favorevole alla crescita. I genitori possono essere educati a fornire un sostegno emotivo adeguato senza perpetuare la dipendenza. Il counseling familiare può facilitare una migliore comunicazione e risoluzione dei conflitti all’interno della famiglia, riducendo le dinamiche che possono contribuire all’isolamento dell’adolescente.

Un approccio combinato che integra metodi tradizionali e innovativi offre una strategia terapeutica più olistica e completa. Mentre la terapia tradizionale e il supporto familiare affrontano le componenti psicologiche e relazionali dell’isolamento, le tecnologie immersive possono facilitare la pratica e lo sviluppo delle abilità sociali in un ambiente sicuro e controllato. Questa combinazione di metodologie aumenta significativamente le possibilità di successo nel trattamento dell’hikikomori, offrendo agli adolescenti una via più sicura e sostenibile per reintegrarsi nella società.

Conclusioni

In definitiva, comprendere e affrontare l’hikikomori richiede un approccio multidisciplinare che tenga conto dei fattori psicologici, sociali e delle opportunità offerte dalle tecnologie emergenti. È fondamentale adottare una maggiore attenzione culturale e sociale per riconoscere i segnali precoci di isolamento. Questo fenomeno non si instaura in maniera improvvisa, ma si sviluppa lentamente e in modo insidioso, rendendo essenziale l’intervento tempestivo da parte di chi sta vicino ai giovani, come familiari, insegnanti e amici.

La strategia di “attendere per vedere come va” rischia di ritardare la presa di consapevolezza e di rendere più complesso l’intervento. La vera sfida consiste nel trovare il giusto equilibrio tra l’attesa e l’intervento, tra la naturale ritrosia adolescenziale e l’isolamento eccessivo, tra il rispetto per il mondo interiore di un giovane e la sua difficoltà a rompere autonomamente il guscio protettivo in cui si è rinchiuso. Psicologi e terapeuti devono adottare strategie innovative e personalizzate per supportare efficacemente i giovani affetti da questa condizione, aiutandoli a superare l’isolamento e a sviluppare pienamente le proprie potenzialità.

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