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Oltre gli stereotipi: il tabù dei disturbi alimentari maschili e il ruolo delle norme di genere

Per lungo tempo, il focus sui disturbi alimentari è stato incentrato principalmente sulle donne, ma negli ultimi anni è diventato evidente quanto anche la popolazione maschile sia coinvolta in questa problematica. La ricerca dell’ideale corpo esemplare e la preoccupazione per l’aspetto fisico hanno portato anche i ragazzi e gli uomini a sviluppare disturbi alimentari.

Secondo dati recenti, si stima che il 25% delle persone che soffrono di disturbi alimentari sia costituito da uomini. Tuttavia, è importante sottolineare che questa cifra potrebbe essere sottostimata, poiché gli uomini tendono a sottoporsi meno frequentemente a diagnosi e trattamenti per tali disturbi a causa dello stigma sociale e delle aspettative di genere.

“La società ha posto un’enorme enfasi sul corpo maschile muscoloso e perfetto, ma ciò può portare a gravi problemi di immagine corporea e disturbi alimentari tra gli uomini.”

Dr. Stuart Murray

La rappresentazione dell’immagine corporea maschile

La rappresentazione dell’immagine corporea maschile ha sempre privilegiato la forza, l’attività e il coraggio. Questa concezione del corpo maschile come “tempio” ha radici antiche, come nell’Antica Grecia, dove esisteva una netta differenziazione tra l’essere maschile e l’essere mascolino. La mascolinità era strettamente connessa alla virtù e al coraggio, attributi esclusivamente associati agli uomini. Questo modello educativo basato sulla formazione al combattimento ha contribuito a forgiare la corporeità maschile, ma solo di recente sono emersi i “costi invisibili” che gli adolescenti maschi devono affrontare per raggiungere l’ideale di mascolinità vincente.

La pressione sociale per conformarsi a un corpo muscoloso e atletico può portare a comportamenti patologici, come l’eccessivo esercizio fisico, il controllo estremo dell’alimentazione o l’uso di sostanze per migliorare le prestazioni. Questi comportamenti possono essere dannosi per la salute fisica e mentale, causando problemi come l’anoressia inversa o la vigoressia.

Inoltre, questa concezione limitata della mascolinità ha avuto un impatto negativo sulla salute mentale degli uomini, poiché possono sentirsi obbligati a nascondere le proprie vulnerabilità e le emozioni, cercando di mostrarsi sempre forti e imperturbabili. Questo rigido schema di mascolinità può impedire agli uomini di esprimere liberamente i propri sentimenti e di chiedere aiuto quando ne hanno bisogno, contribuendo a una cultura dell’isolamento emotivo.

Vigorexia

La vigorexia, nota anche come disturbo della bigoressia o anoressia inversa, rappresenta una forma particolarmente preoccupante di disturbo alimentare che affligge principalmente gli uomini. Inserita nel DSM-V tra i “Disturbi Evitanti/Restrittivi dell’assunzione di cibo” e classificata come un disturbo dismorfofobico, la vigorexia è caratterizzata da una preoccupazione ossessiva per l’aspetto fisico, con particolare attenzione all’incremento della massa muscolare. Gli individui affetti da vigorexia intraprendono uno stile di vita caratterizzato da lunghi e intensi allenamenti fisici, seguiti da restrizioni alimentari e l’uso di integratori o sostanze steroidee per raggiungere il loro obiettivo di muscolatura idealizzata.

Le radici della vigorexia possono essere rintracciate nel sistema socioculturale che per secoli ha privilegiato un ideale di mascolinità basato sulla forza, la virilità e la muscolarità. L’immagine di un corpo muscoloso e scolpito è stata associata alla rappresentazione dell’uomo forte e dominante, spingendo molti uomini a identificare la propria mascolinità con l’aspetto fisico. Questo ideale di mascolinità può diventare così pervasivo e costrittivo da portare alcuni individui a sviluppare un’ossessione patologica per l’aspetto fisico, con una costante preoccupazione per il raggiungimento e il mantenimento di un livello di muscolarità ritenuto accettabile.

È spesso alimentata anche dall’influenza dei media e delle industrie del fitness, che promuovono immagini irrealistiche e ideali di mascolinità, creando aspettative inarrivabili per molti uomini. L’ossessione per l’aspetto fisico può quindi trasformarsi in un circolo vizioso, in cui il bisogno di raggiungere uno standard di muscolarità sempre più elevato diventa sempre più pressante, portando a comportamenti sempre più estremi e dannosi per la salute.

Gli individui affetti da vigorexia possono sperimentare gravi conseguenze sulla loro salute mentale e fisica. La costante insoddisfazione per il proprio aspetto fisico può portare a bassa autostima, depressione, ansia e disturbi dell’umore. Inoltre, gli eccessivi allenamenti e le restrizioni alimentari possono provocare problemi fisici, come danni muscolari, problemi cardiaci e disturbi metabolici.

Per affrontare con successo la vigorexia e promuovere una sana immagine corporea maschile, è essenziale sfidare gli ideali irrealistici di mascolinità e promuovere una cultura dell’accettazione di sé e del corpo. Gli uomini devono essere incoraggiati a esplorare e abbracciare la propria identità di genere in modo autentico, senza essere definiti da stereotipi o pressioni sociali. La consapevolezza e la sensibilizzazione riguardo alla vigorexia devono essere aumentate, affinché si possa offrire il supporto necessario a coloro che ne sono affetti, promuovendo un ambiente in cui la salute mentale e fisica degli uomini sia preservata e valorizzata. Solo attraverso un approccio inclusivo e compassionevole possiamo sperare di superare gli effetti negativi degli ideali di mascolinità distorti e sostenere il benessere di tutti gli individui.

Disturbi alimentari maschili e orientamento sessuale

La comprensione dei disturbi alimentari maschili richiede anche una profonda considerazione degli orientamenti sessuali, poiché essi possono essere intrinsecamente legati agli stereotipi culturali e alla conformità di genere. Le ricerche hanno messo in luce una maggiore prevalenza dei disturbi alimentari tra gli uomini appartenenti a minoranze sessuali, oltre a rilevare una serie di fattori di rischio associati, quali l’oggettificazione del corpo, il desiderio di magrezza, l’esperienza di vittimizzazione e la presenza di condizioni psichiatriche coesistenti.

Tuttavia, è importante sottolineare che le indagini che esplorano le disparità di orientamento sessuale nei sintomi dei disturbi alimentari sono ancora piuttosto limitate. Pertanto, è necessaria una ricerca più estesa e approfondita in questa area per comprendere appieno l’interconnessione tra orientamento sessuale, norme di genere e la psicopatologia dell’alimentazione disordinata. Un maggiore sforzo nel raccogliere dati e condurre indagini approfondite può aiutare a gettare luce su questa dimensione spesso trascurata dei disturbi alimentari maschili.

Parallelamente, è essenziale condurre ulteriori ricerche per individuare i fattori di rischio specifici della psicopatologia dell’alimentazione disordinata all’interno delle popolazioni transgender, dove è stata segnalata un’elevata prevalenza di tali disturbi. Comprendere le sfide uniche che gli individui transgender affrontano riguardo all’immagine corporea e all’identità di genere può consentire lo sviluppo di strategie di intervento mirate e di programmi di trattamento adeguati a soddisfare le loro esigenze specifiche.

Quali sono i segnali da monitorare per rilevare questa forma di disturbo?

I soggetti colpiti tendono a frequentare costantemente palestre o luoghi in cui possono fare esercizio fisico. Ciò che li contraddistingue non è solo il numero di sedute d’allenamento settimanali, che può essere elevato anche in soggetti senza il disturbo, ma il profondo stress che sperimentano nel caso di una sessione saltata o nell’assunzione irregolare di integratori, spesso ottenuti online e talvolta illegalmente. Questa compulsiva pratica sportiva è spesso accompagnata dall’uso indiscriminato di sostanze proibite, mescolate senza supervisione medica con integratori, anabolizzanti e steroidi, acquistati da fonti poco affidabili online.

Le persone con vigoressia sono caratterizzate dall’eccesso e dalla smodata dedizione a questa pratica, che può portarli all’isolamento sociale, concentrandosi solo sugli altri membri del gruppo di allenamento, e a trascurare famiglia, scuola o lavoro. L’ossessivo controllo alimentare è un altro aspetto distintivo.

A confronto con l’anoressia nervosa, maggiormente nota e comune tra le donne, l’anoressia inversa si presenta con il terrore di non avere abbastanza muscoli, di “non essere abbastanza grandi” ed è più frequentemente riscontrata negli uomini.

Spesso, le persone affette da vigoressia non riconoscono il disturbo e quindi non cercano aiuto da uno psicoterapeuta. In questi casi, sono spesso i familiari o gli amici più intimi, preoccupati per l’eccessiva dedizione dell’individuo a questa pratica, a cercare il supporto di un professionista per comprendere meglio la situazione e aiutare il loro caro.

Infine, è importante sottolineare che sebbene alcuni segnali come numerosi allenamenti settimanali, ossessivo controllo dell’alimentazione e dispercezione corporea non dovrebbero allarmare immediatamente, è essenziale monitorarli attentamente e segnalarli a uno psicoterapeuta per una valutazione approfondita e, se necessario, intraprendere un percorso di intervento adeguato. Un intervento tempestivo e mirato può essere fondamentale per affrontare il disturbo e migliorare la qualità della vita del soggetto coinvolto.

Conclusione

Per supportare al meglio i soggetti maschili che lottano contro i disturbi alimentari, è essenziale adottare un approccio triplice che si concentri sull’individuazione, l’intervento e la ricerca, con l’obiettivo primario di destigmatizzare tali disturbi. In primo luogo, occorre prendere in considerazione i fattori di contesto socioculturale, le pressioni psicologiche e il ruolo dell’espressione di genere nei confronti degli uomini e della mascolinità in relazione ai disturbi alimentari. Diverse prove empiriche hanno rivelato che i maschi rischiano di essere diagnosticati in modo erroneo quando cercano cure specializzate, determinando un rafforzamento del disturbo e un prolungamento della sua durata. Di conseguenza, è fondamentale sviluppare linee guida mediche, psicologiche e psichiatriche più inclusive, considerando le specifiche esperienze e necessità degli uomini con disturbi alimentari, come ad esempio le implicazioni del testosterone, l’uso di steroidi, le complicazioni cardiovascolari e osteoporotiche.

In secondo luogo, un’attenzione clinica mirata potrebbe giovare di interventi adattati all’esperienza maschile. Gli specialisti devono ricevere formazione approfondita sui disturbi concomitanti e sviluppare approcci personalizzati che tengano in considerazione le sfide specifiche che gli uomini affrontano. Interventi mirati, come gruppi di sostegno che affrontano le problematiche dell’immagine corporea maschile, programmi sull’attività fisica, l’orientamento sessuale e le questioni riguardanti le prestazioni sessuali, possono dimostrarsi preziosi per il trattamento e il recupero di questi individui.

In terzo luogo, occorre superare l’emarginazione dei maschi nella ricerca sui disturbi alimentari. La letteratura scientifica su questo tema ha mostrato una mancanza di rappresentazione degli uomini in diverse fasce d’età, culture, etnie e ambiti neurobiologici, nonché la fisiopatologia dei disturbi alimentari.
È quindi cruciale incentivare e sostenere la ricerca specificamente dedicata ai disturbi alimentari maschili, al fine di ottenere una maggiore comprensione e di sviluppare nuove strategie di trattamento adeguate alle loro esigenze.

“I disturbi alimentari maschili spesso passano inosservati a causa dei pregiudizi culturali che li circondano. Riconoscere l’esistenza e l’importanza di questi disturbi è essenziale per garantire una diagnosi e un trattamento adeguati.”

Dr. Christopher G. Fairburn

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Il metaverso nella salute mentale: le potenzialità trasformative del trattamento terapeutico virtuale

Nell’era delle nuove tecnologie, l’interazione tra la psicoterapia e l’innovazione digitale sta aprendo nuovi orizzonti nel campo della salute mentale. Le tecnologie emergenti, come il metaverso e la realtà virtuale, stanno trasformando il modo in cui le persone affrontano le sfide psicologiche e accedono ai servizi di salute mentale.

“Le nuove tecnologie possono rivoluzionare il modo in cui forniamo servizi di salute mentale, offrendo soluzioni accessibili e personalizzate per coloro che ne hanno bisogno.”

― Pamela Rutledge

Trasformatività

Secondo uno studio di Riva G. et al (2021), le nuove tecnologie possono svolgere un ruolo trasformativo nell’esperienza umana, influenzando profondamente la nostra percezione di noi stessi, degli altri e del mondo che ci circonda. L’esperienza trasformativa si distingue dal concetto di semplice cambiamento, poiché rappresenta un mutamento profondo e duraturo nell’individuo, che coinvolge sia la dimensione epistemica che personale. Queste esperienze portano a una revisione profonda del modo di essere e di costruire la realtà, aprendo nuove prospettive e significati.

Nel contesto della psicoterapia nel metaverso, il concetto di trasformatività diventa particolarmente rilevante. Il metaverso offre uno spazio virtuale in cui le persone possono sperimentare nuove identità e modi di interagire, creando opportunità per la trasformazione personale e il cambiamento psicologico. Riva sostiene che la tecnologia può agire come un amplificatore delle esperienze umane, consentendo una maggiore consapevolezza di sé, l’esplorazione di nuove prospettive e la costruzione di nuovi significati.

La trasformatività delle nuove tecnologie nel contesto della psicoterapia nel metaverso si basa su tre elementi fondamentali:

  • Presenza: Il metaverso offre un’esperienza diversa e straordinaria, in quanto agisce sulle vie neuronali e ha un impatto diretto sul cervello. Grazie alla sua capacità di creare ambienti virtuali realistici e interattivi, il metaverso consente ai partecipanti di immergersi completamente nello spazio virtuale, generando un coinvolgimento emotivo e cognitivo più profondo rispetto ad altre modalità terapeutiche. Questa esperienza unica e potente influisce sul funzionamento del cervello, permettendo un’interazione terapeutica più intensa e significativa.
  • Personalizzazione: Consente ai partecipanti di creare avatar personalizzati che rappresentano una versione virtuale di sé stessi. In un contesto terapeutico adeguatamente guidato, questa personalizzazione consente una maggiore espressione emotiva e identificazione, facilitando l’esplorazione dei problemi e l’elaborazione delle esperienze traumatiche in un ambiente protetto e sicuro. Il terapeuta svolge un ruolo cruciale nell’assicurare che l’esperienza virtuale sia integrata in modo appropriato nel percorso terapeutico, garantendo che i risultati ottenuti nel metaverso si traducano in benefici reali per il paziente.
  • Condivisione sociale: Le persone possono interagire con gli altri attraverso gli avatar e partecipare a comunità virtuali di sostegno. Questa condivisione sociale può promuovere un senso di appartenenza, di comprensione reciproca e di supporto emotivo, creando un ambiente terapeutico inclusivo e empatico.

Metaverso, gli studi esistenti

Già oggi esistono spazi dedicati alla salute mentale all’interno del metaverso, offrendo una piattaforma in cui le persone possono riunirsi per sessioni di terapia di gruppo, con o senza la presenza di esperti del settore. Inoltre, sono stati creati ambienti immersivi in cui gli individui possono praticare consapevolezza, meditazione e yoga, contribuendo così al benessere psicofisico.

Numerose aziende hanno intrapreso lo sviluppo di cliniche virtuali per la salute mentale, mettendo a disposizione professionisti del settore che offrono assistenza in tempo reale e anche i governi di diversi paesi hanno avviato iniziative volte a creare associazioni di consulenza e terapia in realtà virtuale, al fine di fornire servizi nel metaverso. Queste cliniche virtuali rappresenteranno un’opportunità preziosa per le persone con accesso limitato all’assistenza sanitaria mentale, a causa di disabilità, restrizioni geografiche o limiti di tempo, nonché per coloro che preferiscono mantenere l’anonimato, considerando lo stigma ancora presente nei confronti delle malattie mentali.

Durante la pandemia da COVID-19 del 2020 abbiamo tutti sperimentato delle condizioni di isolamento che soggetti vulnerabili come gli anziani sperimentano nel quotidiano anche fuori dalla pandemia. Persone che spesso si trovano limitate nella loro capacità di socializzare con familiari e amici per diverse ragioni. Questa situazione si applica anche agli individui con disabilità fisiche, che spesso sperimentano frustrazione a causa della loro mancanza di indipendenza.

Infine, va sottolineato che alcuni studi hanno esplorato l’utilizzo della realtà virtuale nel trattamento dei disturbi psicotici, ma è necessario esercitare cautela e condurre ulteriori ricerche per definirne i limiti e gli effetti a lungo termine. È noto che molti pazienti affetti da psicosi possono sperimentare livelli regolari o elevati di ansia, che possono condurre a comportamenti di evitamento nei confronti di ambienti che suscitano angoscia e attacchi di panico. Recentemente, sono stati pubblicati i risultati di uno studio controllato randomizzato che ha valutato l’efficacia della terapia cognitiva basata sulla realtà virtuale nel ridurre la vulnerabilità e l’ansia nelle persone affette da psicosi. I risultati hanno dimostrato che la terapia VR ha portato a un miglioramento significativo dei sintomi di agorafobia dopo 6 settimane di trattamento. È importante sottolineare che maggiore è stata l’intensità dei sintomi, maggiore è stata l’efficacia di questo approccio terapeutico. Tuttavia, mentre questi risultati preliminari sono promettenti, è necessario condurre ulteriori studi per comprendere appieno l’impatto della realtà virtuale nel trattamento dei disturbi psicotici e stabilire l’efficacia a lungo termine. In un altro studio, quindici individui affetti da grave depressione sono stati immersi in simulazioni virtuali della durata di 3-8 minuti, in cui esercitavano la compassione confortando un avatar piangente con parole gentili, per poi ricevere a loro volta una risposta compassionevole da un altro corpo virtuale. Questo intervento ha portato a significative riduzioni della gravità della depressione, oltre ad aumenti significativi nell’autocompassione.

Rischi e accoglienza

Nel contesto dell’innovazione tecnologica e del suo impatto sulla salute mentale, il metaverso sta emergendo come una nuova frontiera nella fornitura di servizi di consulenza e supporto psicologico. Tuttavia, è fondamentale distinguere tra l’utilizzo del metaverso con consulente o terapeuta virtuale e la presenza invece di operatori reali, terapeuti qualificati, nello spazio virtuale. Questa distinzione è cruciale per garantire un adeguato livello di autenticità e per affrontare le preoccupazioni legate alla sostituzione dell’interazione umana diretta.

Se guardiamo alla storia delle innovazioni tecnologiche, possiamo osservare un modello comune in cui l’iniziale scetticismo viene seguito da una rivoluzione che cambia il nostro modo di vivere e interagire. Ad esempio, l’avvento di Internet ha suscitato dubbi sulle sue potenzialità e rischi, ma nel corso degli anni ha rivoluzionato numerosi settori, compreso l’accesso alle risorse di salute mentale. La ricerca condotta da Anderson et al. nel 2019 ha dimostrato che le terapie online possono essere altrettanto efficaci delle terapie tradizionali, aprendo la strada a nuovi approcci terapeutici innovativi come il metaverso.

È comprensibile che sorgano dubbi e incertezze riguardo all’efficacia e all’esperienza autentica offerta dai servizi di salute mentale nel metaverso. Un’indagine condotta da Thomson et al. nel 2023 ha evidenziato che alcuni partecipanti esprimono preoccupazioni sulla capacità degli operatori virtuali di comprendere appieno le sfumature emotive e l’esperienza individuale del paziente. Tuttavia, in questi studi viene fatto riferimento a operatori virtuali, non all’efficacia dei terapeuti reali che operano tramite gli spazi del metaverso. Secondo la ricerca condotta da Lee et al. nel 2022 infatti, nonostante le differenze nell’interazione si possono ancora sviluppare l’empatia e la comprensione e queste possono essere mantenute nel contesto virtuale tra terapeuta e paziente. Uno studio di progettazione condotto da Wang et al. nel 2023 ha dimostrato come l’uso della realtà virtuale nel metaverso possa migliorare l’immersione emotiva e la sensazione di presenza, aprendo nuove opportunità nel campo della psicoterapia.

L’impiego del metaverso come strumento terapeutico richiede una gestione oculata e competente, in cui i terapeuti reali siano in grado di fornire il sostegno necessario per affrontare le sfide e garantire un’esperienza terapeutica significativa e sicura.

Conclusione

In conclusione, la terapia nel metaverso non intende sostituire la terapia tradizionale, ma piuttosto offrire una soluzione complementare e accessibile per coloro che necessitano di supporto psicologico. L’implementazione oculata e competente di questa tecnologia innovativa può fornire un’alternativa preziosa per migliorare il benessere mentale e garantire che nessuno sia escluso dalla possibilità di ricevere il sostegno psicologico di cui ha bisogno.

“La realtà virtuale offre l’opportunità di creare esperienze terapeutiche altamente immersive, permettendo ai pazienti di affrontare le proprie paure e problemi in un ambiente controllato e sicuro.”

Brenda K. Wiederhold

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